Autore: Dott. Nicola Gentile
“Ripropongo questo articolo con le modifiche da me fatte 10 anni dopo e adesso a distanza di 16 anni. Dopo l’esperienza della pandemia da Covid 19, e dopo aver visto accorpare la prova di laurea con l’esame di stato per l’abilitazione alla professione medica. La cosa interessante di questo scritto ormai datato ma sempre attuale è il percorso fatto per arrivare a parlare di eliminare o meglio accorpare l’anno di tirocinio al percorso universitario e far diventare la prova di tesi finale come la prova che abilita all’esercizio della professione. La necessità di medici e il bisogno hanno portato a rivedere le posizioni conservatrici che per anni avevano dominato in politica e non solo. Interessante il fatto che si è passati da una situazione che potremmo definire di blocco, ad una situazione di totale apertura per necessità. Mi piacerebbe prendere in questo senso il tema del controllo che certe categorie politiche e professionali pensano di avere nascondendosi dietro parole come programmazione, ma che crollano in caso di necessità come quella vissuta in questo periodo, ma potremmo citare altri momenti storici tipo dopo le guerre. Ritengo interessante il percorso fatto dalle autorità e il dietrofront dell’ultimo periodo. (maggio 2021)”
“Questo breve scritto è risalente al 2005 quando venne approvata la riforma per l’accesso alle libere professioni. Pur avendo ormai 10 anni questo articolo pare sempre attuale, e a distanza di tanto tempo sembra anche essere stato premonitore dei problemi che poi si sono verificati in seguito. E’ di qualche mese fa la decisione del CNOP (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi) di fare richiesta per portare a due le prove per accedere alla professione e ridurre i mesi ti tirocinio a 6. Sono state aggiunte alcune parti in corsivo per distinguerle dal vecchio articolo. Buona lettura. (maggio 2015)”
Sempre più difficile la conquista di un posto negli albi…. Quando la concorrenza fa ancora paura.
Uno dei problemi o se vogliamo dei meriti della nuova riforma universitaria, riguarda l’allungamento dei tempi per entrare a far parte dei cosiddetti albi e ordini di molte categorie professionali. E’ infatti previsto l’incremento dei tempi per i tirocini e l’aumento delle prove da sostenere per superare l’esame di stato.
Ma entriamo nel dettaglio. Nel numero 228 de Il Sole 24 ore del 23 agosto alcuni articoli entrano nel merito della questione e cercano di spiegare in che cosa consiste tale cambiamento. De Cesare (2005, 21 Agosto) nel suo pezzo affronta tale spinoso argomento e descrive come la riforma universitaria stia estendendo i tempi per l’ingresso nel mondo del lavoro. Mentre nell’articolo della Maglione (2005, 21 Agosto) viene descritto il problema di come l’Antitrust europea abbia richiamato l’Italia sostenendo che in tal modo non sono rispettati i requisiti per l’esistenza di un libero mercato.
Per dare un’idea delle condizioni di difficoltà che un giovane deve incontrare oggi, vorremmo citare ciò che scrive Carlo Catarsi (2001) parlando di una sua collaboratrice.
<<[…] essa sta al momento con passione e sacrificio costruendo il proprio inserimento professionale in un mondo che riesce spesso a dissimulare lo sfruttamento intellettuale e l’esclusione sociale. Tipico esempio della condizione vissuta da molti nostri giovani laureati, auguriamo a lei ed ai suoi coetanei un avvenire senza barbarie.>> (Ivi, p. 13)
Si potrebbe commentare: <<troppo tardi>>. Già perché rispetto a questa affermazione si può osservare come l’accesso al mondo del lavoro si stia inasprendo sempre più con norme che prevedono tempi lunghi e farraginosi, ed in oltre si può notare come la stessa permanenza nel mercato del lavoro stia diventando un vero e proprio percorso ad ostacoli sempre più insormontabili.
A questo punto ci si chiede come si possa conseguire l’obiettivo di rilanciare la tanto acclamata “competitività” quando la stessa competizione viene soffocata da un mercato che di libero ha veramente poco. Qualcuno potrebbe obiettare che la salvaguardia del mercato passa dalla scrematura di persone cosiddette “ignoranti” che potrebbero danneggiare una categoria e macchiare l’immagine che questa ha nella società.
Be’ questo potrebbe essere giusto e valido per molte categorie professionali i cui albi esistono da molto tempo. La cosa diventa un po’ più complessa quando si presenta un fenomeno come quello della psicologia. E’ infatti solo dal 1989 che è stato istituito l’Ordine degli Psicologi, e non è detto che tutti i suoi membri abbiano veramente conseguito una laurea in Psicologia. Esiste infatti una norma transitoria durata 12 mesi che prevedeva l’ammissione all’Ordine anche a soggetti che non avessero avuto una laurea in tale ambito.
Come descrivono Ciofi, Molignoni e Tosi (2002):
<<[…] l’interpretazione di due articoli della legge, il 34 (che regolamenta l’accesso all’albo mediante esame di Stato da parte di chi nel 1989 quando la legge è entrata in vigore, fosse iscritto ad un corso di specializzazione in psicologia od in uno dei suoi rami) ed il 35 (che regolamenta la validazione dell’attività psicoterapeutica per chi abbia in passato avuto una formazione difforme da quanto previsto dall’art. 3) ha dato vita ad interminabili contenziosi non del tutto risolti neppure oggi. […] con legge 14 gennaio 1999, n. 4 […] …E’ autorizzata l’iscrizione all’albo degli psicologi di coloro che, ammessi con riserva all’esame di Stato di cui all’articolo 34 della legge 18 febbraio 1989 n. 56, lo abbino successivamente superato>>. (Ivi, p. 175)
Da un certo punto di vista tale situazione potrebbe essere ritenuta positiva, perché l’apporto da altre materie di studio ha creato le premesse per costruire una disciplina più forte con diversi punti di vista. Si potrebbe sostenere addirittura che una condizione di questo genere sia auspicabile.
Si viene però a creare un quadro globale paradossale in quanto persone non laureate in Psicologia giudicano i loro successori laureati, decidendo chi può o non può avere accesso alla libera professione. Tale paradosso fa si che persone che esercitano una professione in cui non si erano laureate, possano decidere il futuro di quella che potrebbe essere definita una concorrenza più preparata. Si possono sostenere tesi secondo le quali, non è una laurea a fare un professionista, anche se poi sorge la domanda se possa bastare un esame. Oppure che non è proprio così grave la situazione in quanto i possibili giudici nella loro obiettività, cercano di fare il bene della loro disciplina e non il loro, ed in alcuni casi è veramente così. Infatti, si può affermare come molti professionisti pur non essendosi laureati in psicologia esercitino la loro professione in modo impeccabile, cercano di aiutare le nuove leve nell’inserimento professionale e addirittura se possono cercano di alleviare le problematiche inerenti un così delicato argomento.
E qui è intervenuta la riforma. Da tre a quattro prove, si creano le premesse per aumentare statisticamente il numero dei bocciati. L’effetto positivo si potrebbe vedere nell’aumento di possibilità di studiare in modo più spezzettato la disciplina. In negativo quello di allungare i tempi per diventare professionisti. L’esame infatti si svolge in un arco di tre mesi, che con quattro prove diventeranno sicuramente quattro. Ci si chiede perché non portare a cinque, o sei le prove, oppure arrivare a dodici. Insomma il mondo della libera professione è un obiettivo difficile da conquistare, e in alcuni casi neanche molto remunerativo. Basta ricordare a tal proposito che solitamente nelle statistiche sul reddito derivante da professioni intellettuali, lo psicologo risulta sempre agli ultimi posti.
Si potrebbe aggiungere che essa rimane una meta ancora agognata e desiderata, forse più per un retaggio storico, ma pensiamo anche perché rappresenta l’unica possibilità per offrirsi alle aziende e non solo, che visto il basso costo richiedono sempre più personale qualificato a basso prezzo, che gli emetta fattura e a cui non pagare le spese previdenziali tipiche del lavoro dipendente. In tal senso si potrebbe far notare come il mercato del lavoro abbia trasformato la libera professione in un lavoro di tipo precario facendo sì che gli stipendi di chi ha un lavoro dipendente siano più alti di quei lavori cosiddetti occasionali che in gran parte vengono occupati dai nuovi liberi professionisti. Si è avuto quindi un cambiamento sociale che ha portato negli ultimi anni ad un sorpasso da parte delle retribuzioni da lavoro dipendente a spese di quello autonomo, indebolendo così il settore e facendo sì che molte aziende preferiscano assumere con contratti che prevedono una collaborazione autonoma “sotto pagata” piuttosto che assumere a tempo indeterminato come avveniva un tempo.
Ma torniamo a quello che scrive il giornale riguardo alla corsa alle iscrizioni descritta nell’articolo di Valentina Maglione (2005, 21 Agosto). Essa mostra i numeri dell’incremento degli iscritti soprattutto negli ordini di psicologi, avvocati e architetti dove la variazione percentuale dal 1999 al 2004 è stata rispettivamente del 42%, 38,8% e del 29,2%. Secondo gli Ordini questi incrementi sarebbero la dimostrazione che le critiche mosse dall’Antitrust sono ingiustificate visto l’aumento di iscrizioni e l’esercito di neolaureati che preme per entrare.
Riguardo le critiche fatte dall’Antitrust nell’articolo di Boitani (2005, 21 agosto) viene spiegato come la liberalizzazione dell’accesso alle professioni:
<<Invocata più volte dall’Antitrust come importante strumento per ridurre i costi delle imprese (e dei cittadini), ha trovato forti resistenze nelle aule parlamentari, dove i professionisti di ogni genere sono molto ben rappresentati in entrambi gli schieramenti politici.>> (Ivi, p. 17)
Nella storia italiana però, è giusto ricordare come alcuni schieramenti politici, soprattutto di area radicale, abbiano più volte lavorato per eliminare una volta per tutte gli Ordini, ritenute strutture antiquate e non più idonee a supportare un mercato dinamico ed in continuo cambiamento.
Ovviamente abolire gli ordini pare un percorso utopico e poco applicabile visto gli enormi interessi che ruotano intorno alle casse previdenziali di ogni Ordine.
Rimane però interessante una prospettiva che faciliti l’accesso agli eventuali Ordini per coloro che abbiano conquistato i titoli necessari per farne parte senza ulteriori barriere e intralci che diventano solo inutili intoppi. Su questo punto è però doveroso fare un cenno al fatto che ogni singolo Ordine ha di regione in regione la possibilità di usare politiche più o meno restrittive creando le premesse per disiniquità all’interno di una stessa nazione.
Per comprendere tale importante passaggio, vorremmo fare un breve cenno a quanto ha affermato il filosofo Giovanni Gentile agli albori della riforma scolastica da lui fatta e alla quale, anche involontariamente, chiunque abbia in seguito proposto prove e verifiche ha fatto riferimento.
Lo Schiavo (1979) spiegando Gentile scrive:
<<I punti su cui maggiormente insiste sono quelli della necessità di ridurre il numero delle scuole secondarie e universitarie, di fare poche scuole ma buone, di stimolare e risollevare le sorti della scuola pubblica mettendola in concorrenza con quella privata di risolvere adeguatamente il problema degli insegnamenti, di convincersi che la scuola secondaria in quanto scuola di cultura liberale e disinteressata è scuola di pochi, destinati a formare le classi dirigenti.>> (Ivi, p. 113)
Tale prospettiva prevedeva che:
<<Centro di questa visione educativa sarà quindi non più l’individualità particolare, ma quella personalità che realizza l’universalità dello spirito […].>> (Ivi, p. 112)
In cui si vede il bisogno post – bellico di costruire una scuola di tipo nazionalistico che anteponga il singolo allo stato di cui esso fa parte e che in un tutt’uno persegua un obiettivo comune.
<<Altro punto qualificante della riforma era rappresentato dall’introduzione dell’esame di Stato, il cui principale effetto doveva essere quello di selezionare gli scolari capaci e di conferire serietà e dignità alla scuola.>> (Ivi, p.117)
Questo perché come affermava Gentile nel 1923, tutti i suoi sforzi erano mirati a ridare alla scuola e alla cultura quella dignità e aristocrazia che le erano necessarie.
Questa visione della scuola che oggi sembra così lontana in realtà è rimasta nascosta nei meccanismi e negli strumenti utilizzati per costruire nuovi sistemi valutativi, tanto che la brusca frenata che in qualche modo si vorrebbe dare a un così alto numero di iscritti alle libere professioni sembra una prosecuzione del concetto di dare dignità e aristocrazia alla cultura. Detto ciò non si può affermare che sia giusto, e neanche sbagliato. E’ soltanto la constatazione di un fenomeno che avviene, ma del quale non sembra ne siano stati calcolati i rischi.
Un esempio di questa affermazione sono gli albi dei diplomati, come nel caso dei Geometri ai quali le nuove proposte obbligherebbero gli iscritti da non più di 10 anni e quelli che vorranno avere accesso all’Esame di Stato di tale albo, al conseguimento di una laurea breve oppure alla frequentazione di corsi formativi, nascondendo dietro il termine “formazione” solo una scusa per bloccare i nuovi iscritti e coloro che avrebbero il diritto per diventare professionisti.
Altri esempi di questo genere riguardano altri ordini e albi, ma per brevità vorremmo fermarci qui.
Di seguito riportiamo lo schema tratto dal numero 230 de Il sole 24 ore del 23 agosto 2005, nel quale vengono illustrate le età minime per raggiungere il mercato del lavoro.
Si potrebbe concludere che la riforma universitaria, forse avrà a lungo periodo effetti positivi. Nel breve però non si vede altro scopo che quello di trasformare la scuola in uno ospizio per giovani, condannando chiunque voglia fare un percorso di questo genere ad allungare sempre più i tempi per l’ingresso nel mondo del lavoro e con sempre più sacrifici, con un investimento di risorse economiche e non solo di un certo rilievo.
Ci si auspica che qualunque sia lo schieramento politico che governi il nostro paese, possa provvedere. Se si vuole rilanciare l’economia italiana, e la competitività, gran parte del lavoro deve partire proprio dalle riforme che riguardano settori importanti come quello delle libere professioni. Già perché con un economia industriale che langue, ed una agricola che deve combattere ogni giorno di più con le economie orientali e non solo sempre più agguerrite, solo investendo nelle professioni cosiddette intellettuali si può cercare di creare nuovi settori occupazionali. Non è frenando il libero mercato e bloccando i giovani che si può sperare di rivitalizzare la nostra economia, considerata dai più vecchia e ferma.
In data 26 febbraio 2015 il CNOP (2015) ha avuto un incontro con il Sottosegretario di Stato al MIUR, on. Davide Faraone, ed ha proposto di ridurre a sei mesi il tirocinio post lauream e di limitare a solo due prove l’esame di Stato per l’accesso alla professione. Si potrebbe sostenere a distanza di 10 anni che non solo si cerca di tornare indietro rispetto alle scelte precedenti, ma addirittura si va oltre eliminando il terzo esame e riducendo il tempo del tirocinio.
Bibliografia.
– CNOP. Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (2015, 26 Febbraio). Incontro con il Sottosegretario di Stato al MIUR, on. Davide Faraone 26 febbraio 2015 (Comunicato stampa CNOP).
– Boitani, A. (2005, 21 Agosto). La concorrenza fa ancora paura. Il sole 24 ore, 228, 17.
– Catarsi, C. (2001). Competenza e capacità. Doppio movimento di socializzazione. Milano: Franco Angeli S.r.l.
– Ciofi, R., Molignoni, S. & Tosi, S. (2002). Manuale di diritto per psicologi e operato di area socio – psico – pedagogica. Milano: Ulrico Hoepli Editore S.p.A.
– De Cesari, M. C. (2005, 21 Agosto). La strada per l’albo diventa più lunga. Il sole 24 ore, 228, 17.
– Lo Schiavo, A. (1974). Introduzione a Gentile. Roma – Bari: Gius. Laterza & Figli S.p.a.
– Maglione, V. (2005, 21 Agosto). Ma la corsa degli iscritti non si ferma. Il sole 24 ore, 228, 17.